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sabato 25 marzo 2017

Armo aurico o bermudiano

Ho letto un articolo del grande Gian Marco Borea sulla particolarità dell'armo aurico e navigando con il Grande Zot
ne ho potuto apprezzare le caratteristiche. Sembra complesso ma è semplice.
(Continua a leggere se hai piacere) 
Schooner Yacht Grande Zot

martedì 21 marzo 2017

Sara incrocia il Grande Zot in Sardegna


di Sara Teghini


La prima volta che ho visto il Grande Zot è stato nelle Bocche di Bonifacio: navigava al lasco verso la Sardegna, tutte le vele del suo armo aurico a riva, gonfie, la sua linea slanciata che tagliava le onde - una meraviglia per gli occhi. “Omero, ma quella che barca è?” ho chiesto. E Omero ha cominciato il suo racconto… “Quello è il Grande Zot. È una barca storica”. Il racconto comincia più di 30 anni fa, quando Giancarlo Toso entrò nello studio di Carlo Sciarrelli, e gli chiese di progettare una barca.

Ma la storia del Grande Zot in realtà comincia ancora prima, negli anni delle grandi navigazioni e delle battaglie navali negli oceani di tutto il mondo tra le flotte inglesi e francesi. La velocità era la chiave di molte spedizioni, più o meno legali, e gli inglesi già dalla fine del 1600 utilizzavano delle navi a due alberi armate con vele auriche e un fiocco a prua - le golette o, nella rivisitazione americana, schooner. Erano navi veloci, manovriere, poco costose da costruire e mantenere: perfette per la consegna di ordini alle flotte, il trasporto della posta, la pesca e anche il contrabbando.

Quando la Royal Navy inglese cominciò a scorrazzare per il Mediterraneo cercando di sconfiggere Napoleone le golette cominciarono a diventare popolari anche in Italia, tanto che alla fine del 1800 pare rappresentassero la stragrande maggioranza delle piccole e medie imbarcazioni che solcavano i nostri mari.

Il Grande Zot è ispirato a queste storiche imbarcazioni, forse le uniche che soddisfacevano entrambe le richieste che Giancarlo Toso avanzò quando entrò nello studio di Sciarrelli: voleva una barca bella, e che costasse poco. E qui, se si vanno a leggere la pagine che il grande progettista dedica al Grande Zot nel suo libro “Lo Yacht”, si scopre che la motivazione dietro alla scelta di progettare una goletta vecchio stile è profondamente tecnica. Ma quando si ha a che fare con un pensiero fuori dal comune come quello di Sciarrelli, la tecnica è spesso molto vicina alla poesia…

Per costare poco la barca doveva essere costruita in ferro, affrontando le difficoltà progettuali che il peso del ferro pone - difficoltà progettuali che Sciarrelli “liquida” con un ragionamento semplice: se la barca pesa come quelle di 100 anni fa, deve avere una carena come quelle di 100 anni fa - “Se i dati con i quali si imposta la progettazione sono gli stessi degli antichi, vengono fuori le barche degli antichi. Non erano mica stupidi una volta i bravi, come non sono stupidi i bravi di adesso”. E fu così che il progetto del Grande Zot nacque come un progetto poco costoso, ma non per questo meno elaborato: scafo lungo e stretto per risparmiare sul peso e sulle attrezzature, alberi bassi e inclinati per risparmiare sul sartiame, paranchi per risparmiare sui verricelli.  

Ma il basso costo non ha avuto alcun impatto sulla bellezza del progetto, perché la filosofia di Sciarrelli non si curava tanto del costo, quanto del valore: “Nella trappola insidiosissima, che se non si hanno i soldi per una barca bella ma costosa bisogna accontentarsi di una brutta ma economica, ci si cade non per povertà, ma per volgarità”. E nonostante il Grande Zot sia stato costruito un po’ rozzamente, non ha niente di volgare: le vele allungate oltre la prua da un bompresso lunghissimo, il bordo libero basso, una velatura imponente e un fascino straordinario che resiste al tempo e alle mode.

Giancarlo Toso ha cominciato a farla lavorare, prima in Mediterraneo e poi ai Caraibi, arricchendo la storia del Grande Zot di mille aneddoti: la sua prima traversata, raccontatami da un membro dell’equipaggio che ha navigato con noi sulla Freya ai Caraibi, la sua mitica marinaia, ricordata da tutti, i complimenti di Eric Tabarly, i lavori di ammodernamento per dare al Grande Zot almeno qualche tocco di modernità - un motore e un impianto elettrico.

E la storia del Grande Zot continua oggi grazie a Saverio, il suo armatore e comandante. Certo, tutti sono innamorati della propria barca, ma per amare una barca così difficile ci vuole una passione grandissima, che a Saverio non manca: e con amore fa navigare il Grande Zot come se il tempo non fosse passato.
Grande Zot in Sardegna

domenica 19 marzo 2017

UNA CROCIERA CON TABARLY

Dal diario di bordo del Grande Zot 

Non era stato un anno gran che buono quel 1986 per il Grande Zot. Fermo all'ancora ad Anse Mitan in Martinica, attendeva i suoi ospiti. Ebbe tuttavia un ospite inaspettato: Eric Tabarly. 
(continua a leggere.......)

martedì 7 marzo 2017

Il mistero della longitudine

Potrebbe capitarvi a bordo del Grande Zot in rada, di notte in pozzetto, sotto un cielo stellato, di osservare le stelle e trovarsi a raccontare di storie antiche. Nell'antichità gli uomini navigavano a vista, non avevano ne carte ne strumenti per stabilire la rotta e la loro posizione. Navigavano affidandosi al vento al cielo stellato e alla clemenza di Nettuno. In seguito abili marinai iniziarono a misurare la latitudine, basandosi sulla lunghezza della giornate, dall'altezza del sole e della Stella Polare. Restava invece il mistero del calcolo della longitudine. Molti uomini di scienza e astronomi fin dal cinquecento, si impegnarono nel cercare di capire come risolvere questo problema, senza riuscirvi, tante che nel 1714 il Parlamento Britannico promulgò il Longitude Act: una legge con la quale stanziava un premio di parecchie migliaia di sterline per chi avesse risolto il problema. La soluzione nacque nella mente di un orologiaio autodidatta: John Harrison, che mise a punto il primo cronometro. Harrison non intascò mai il premio, ma costruì uno strumento talmente preciso da consentire il calcolo della longitudine in base a una semplice operazione: la differenza tra l'ora esatta di Londra (precisamente l'ora del meridiano di Greenwich) e quella dell'ora locale della nave, facilmente deducibile dalla lettura di una meridiana. Calcolando questa differenza ( 15 gradi per ogni ora) si calcola la longitudine, ossia la differenza del meridiano locale con quello di riferimento. In ogni caso, anche il problema della longitudine fu risolto e il Capitano Cook partì per l'esplorazione dell' Antartide con sei cronometri a bordo. L'invenzione della bussola risale al XIII secolo, come la prima carta nautica Pisana, anonima e non datata attribuita a Raimondo Bacchisio Motzo. Ma questa è un'altra storia. A bordo del S/Y Grande Zot corsi di vela 
(tratto da Piccola guida alla vita di bordo di Maria Cristina Giordano)
Il sestante 
   

lunedì 6 marzo 2017

Convivenza a bordo di una barca a vela

La convivenza a bordo di una barca a vela è uno dei motivi per cui molti decidono di non partecipare a una vacanza in barca a vela. Molto spesso avrete sentito raccontare di amicizie rovinate in barca, di discussioni su cose banali. Vorrei rassicuravi e dirvi che in tanti anni di navigazione non ho mai visto nascere problemi tra gli ospiti; la verità e che basta veramente poco perchè tutto sia in armonia. Un ruolo importante e quello del comandante e della sua esperienza, saper navigare, regolare le vele non basta, è necessario saper stare con le persone. Basterebbe un po di buon senso da parte di tutti ma quando non è possibile ecco la necessità di poche regole che deve impartire il comandante al momento dell'imbarco,(il briefing) così da non sembrare attacchi personali se detti durante la vostra vacanza in barca. Pochi consigli utili per navigare in armonia li troverete sul sito  http://www.vacanza-barca-vela.it/consigli.html frutto di 30 anni di esperienza. Mio parere molto importante a bordo il rispetto degli spazi comuni e privati, il piacere di condividere e di conoscersi nel rispetto delle differenze; e perchè nò del buon cibo. Non dimentichiamo di essere in vacanza ma non dimentichiamo di essere in mare a bordo di una barca a vela. Il mare non lo sa che siamo in vacanza e il mare diceva mio padre fa il mare. Un incontro è un arricchimento personale e per me che svolgo questa attività da anni devo riconoscere a molti ospiti e ora amici che sono la vera ricchezza del mio lavoro.
Amici a bordo del Grande Zot

mercoledì 1 marzo 2017

Lavezzi e le Diomedee la leggenda

http://www.vacanza-barca-vela.it/index.html
Il Grande Zot a Lavezzi

Vi racconterò di un giorno di fine estate nelle Bocche di Bonifacio e della misteriosa isola di Lavezzi. Stavamo aspettando una finestra meteo favorevole che forse nel pomeriggio ci avrebbe permesso di traversare le Bocche ma sopratutto che ci desse la possibilità di passare la notte all'ancora in rada a Lavezzi. L'isola formata da tafoni di granito lavorati dal vento è deserta; solo due cimiteri con simboliche tombe dei marinai del naufragio della "Semillante", una fregata francese che nel 1859 con 800 persone a bordo tra militari e marinai (la nave era in rotta per la Crimea in guerra) si schianto sugli scogli dell'isola. Si racconta di un avaria al timone, della nebbia e del forte vento di maestrale che nelle Bocche di Bonifacio fa da padrone. La traversate è veloce, il vento è calato e ci permette di dare fondo a Cala Lazzarina di fronte a una delle spiagge più belle dell'isola. Scendiamo a terra e passeggiando sulla spiaggia ci troviamo davanti al cimitero dei marinai della Semillante. Le lapidi erano circondate da fiori bianchi e gialli un luogo che suscita tristezza e bellezza. In fondo con alle spalle il mare e la Corsica una lapide in ottone del comandante ( Gabriel) con incisa una lettera commovente della madre. Torniamo bordo la sera si avvicina e in pozzetto con gli amici iniziamo a raccontare di mare, di traversate, di spiriti, di leggende. Chi ha dormito a Lavezzi si ricorderà di aver sentito le diomedee (uccelli marini) i loro garriti sono simili ai vagiti dei bambini e la leggenda racconta che in ognuna di loro c'è l'anima di un marinaio.  Passiamo la notte ascoltando i loro canti. Anche le isole Tremiti, arcipelago pugliese sono ricche di diomedee anche li si racconta di un naufragio; il naufragio di Diomede valoroso eroe dell'Iliade e dei suoi compagni. Sull'isola di San Nicola vi è una tomba di epoca Ellenica chiamata la tomba di Diomede. Dopo la sua morte, Venere, per compassione dei compagni di Diomede li trasformò in uccelli, perchè facessero da guardiani al loro re. Quella notte, tra un racconto e l'altro abbiamo scherzato e riso, ma tutti al mattino hanno raccontato d'aver avuto po di paura.
Il Grande Zot a Lavezzi